La guerra e la culla. Strano a dirsi, eppure tutti i giorni si uccideva e tutti i giorni si amava …e tutti i giorni si nasceva.
1940, la città del Ponte del Diavolo e tu. 1940, dicevo, Giuseppe Andrea Luigi, per non darla vinta al sacerdote che voleva un nome solo.
Erano i tempi in cui si cercava la gioia col lanternino, per aiutarsi a credere al domani e a bandiere senza ossa incrociate, quando le piccole cose venivano ascoltate e le mani erano tese per aiutare e basta. E così piano crescesti, così, piano, imparasti l’allegria della pentola con la minestra-di-candela, della volta in cui non ci fu tempo per mettere il coperchio al momento della sirena e che fu ritrovata ancora a ribollire con uno strato di polvere di bombardamento sopra e, tolto lo strato, fu buona lo stesso.
E di quella notte di luna, che all’uscita dal rifugio, tutto intorno a voi era distrutto, del ricordo dei pianti intorno a te e tu, bambino, fino ai tuoi nove anni, conservasti la paura della luna piena.
…e mi “imparasti” che le piccole cose si ascoltano ancora, che non siamo soli, che non si muore se c’è chi ancora ti porta nel cuore.
b.l. (brutta e vigliacca)